Silvia Vendramel

(Treviso, 1972)
Vive e lavora sulle colline liguri al confine tra Italia e Francia. Si dedica alla scultura e all’installazione e negli ultimi anni ha maturato un forte interesse per il processo di stampa e l’uso della carta inteso come materiale scultoreo. Portando la materia al limite delle sue capacità di resistenza, che si tratti di opere su carta o in vetro soffiato, lo scontro di forze diventa elemento generativo. Usando diverse tecniche a seconda del progetto esplora la specificità di differenti medium attraverso cicli di indagine incorporando una vasta gamma di elementi sempre strettamente legati all’ambiente in cui vive. Le tematiche di: relazione, senso del tempo e memoria sono ricorrenti nella sua ricerca, il primo esplorato attraverso il mettere in dialogo materiali incompatibili, il secondo osservando la ripetizione di gesti tradizionalmente femminili e quello della memoria attraverso l’utilizzo di elementi autobiografici. Diplomata nel 1996 alla Villa Arson di Nizza, ha esposto in mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
CELLA N. 6
Sulle pareti nulla di Silvia Vendramel
Una cella piccola e angusta, luogo di privazione per eccellenza, è forse più di altri luogo dell’immaginazione? Una cella immersa nella completa oscurità può diventare uno spazio neutro, un luogo la cui memoria sofferente, azzerata per mancanza di riferimenti, viene sostituita dalla meraviglia. Per far fronte alla condizione costrittiva è il campo della mente a reinventare il proprio spazio interiore nell’intento di sostenere l’esperienza della mancanza.
Silvia Vendramel immagina uno spazio immerso nell’oscurità in cui il pubblico è invitato a servirsi della torcia del proprio cellulare per attivare giochi d’ombre sulle pareti, generando nuove presenze che senza l’interazione non si presenterebbero, determinate da una serie di piccole sculture sospese attraverso dei fili tesi e scostati dal muro.
Concretezza e illusione, questi due aspetti del percepire coesistono all’interno dell’esperienza proposta mettendo il pubblico nella condizione di interrogarsi sulla natura di ciò che vive e osserva.
AZIONE COLLETTIVA
HABILLER L’ESPACE, RACCOURCIR LES DISTANCES (Vestire lo spazio, accorciare le distanze) di Silvia Vendramel
In un mondo sempre più orientato all’individualismo e all’isolamento, alla comunicazione prevalentemente con strumenti digitali con conseguente depauperamento dell’empatia e della connessione tra gli individui, l’azione collettiva di Silvia Vendramel, dal titolo Vestire lo spazio, accorciare le distanze, pensata per il cortile dell’ora d’aria dell’ex Carcere Sant’Agostino, innesta un’urgente riflessione sulla gestione delle distanze tra corpi.
L’azione realizzata nello spazio pubblico, utilizzando tessuti usati e avvitatori elettrici, mira a ridurre la distanza tra i partecipanti grazie al graduale movimento di torsione esercitato dagli avvitatori impugnati dal pubblico, mettendo chi partecipa nella condizione di osservare/sentire/ascoltare la tensione che scaturisce durante l’azione dell’avvicinarsi. Parallelamente il pubblico ne riceverà una immagine ludica dovuta al ruotare delle “girandole” di tessuto che si creano e alla presenza degli avvitatori che ribaltano l’immagine di arma.
Le molteplici riflessioni che questa azione innesca riguardano l’alleanza tra corpi, la difficoltà di interagire con l’Altro e quindi di avvicinarsi, la sperimentazione degli effetti di attraversamento dei confini tra le persone, la produzione di “nodi” come materia simbolica, il ribaltamento dell’oggetto arma in strumento di condivisione.
Tessere, unire sensibilità e protagonisti apparentemente lontani, prendere coscienza della presenza dell’altro, rendono l’esperienza condivisa principio poetico, confermando lo straordinario potere trasformativo dell’arte contemporanea.