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Loredana Galante

Loredana Galante. Ph. Paolo Bongianino

Loredana Galante vive e lavora a Milano e non è vincolata ad un medium. La sua produzione va dall’esile ed elegante tratto della matita, fino all’abitare e galantizzare gli spazi. Lavora con l’installazione, la performance, la pittura, il ricamo e la forma laboratoriale. La sua opera attraversa gli strati emozionali, riabilita la gentilezza, esalta il sentimento. Sdrammatizza ansie e desideri personali come l’amore, la famiglia, la dipendenza emotiva e l’abbandono. Rammenda, riabilita, includendo l’altro da sé in un unico racconto con la ritualità di una curandera. Ricerca un tempo lento, consapevole, in ascolto, un tempo dell’assimilazione e della riformulazione costruttiva.

Intervista a LOREDANA GALANTE di Francesca Di Giorgio

Cura, condivisione, allenamento alla gentilezza, responsabilità, sono i principi base della “tua” rivoluzione gentile. Quando è iniziato il processo de La Rivoluzione Gentile, ancora in essere?
“… e servono mani ancora capaci di ricamare carezze e di sfiorare, leggere, gli orli e le pieghe delle tante vite in gioco…” questa frase è stato il mio primo ricamo. Tratta dal libro Tenerezza di Isabella Guanzini, è stata un richiamo. Una frase che dichiara la necessità di competenze al servizio appunto “delle tante vite in gioco”. E servono…; azioni manuali, un ricamo da realizzare insieme intorno ad un tavolo. Ma forse già nella mia prima performance La pausa del cuore, in un’aiuola di erba lanosa a forma di cuore, c’era il principio dell’offerta, nella durata, nel mettersi al servizio per ore in una posizione scomoda offrendo tè da tazzine in bilico su steli di ferro battuto. La necessità di grazia, di moderazione. In Letto di latte, invece, c’è la custodia dei segreti, c’è la fiducia, la consegna di scritti in gessetto bianco sul bianco. In Coltivare c’è che la Vita non è da intendersi come vita individuale e che l’esperienza del singolo deve allinearsi con lo spirito intelligente dell’Assoluto. Ma anche quando progettavo strategie di socializzazione come Five minute social point, ho sempre voluto accorciare le distanze e coinvolgere tutti. Quello che faccio ora ha il rumore del filo nel tessuto ma si possono urlare invocazioni anche nel silenzio, resistere, costruire trincee in cui operare indisturbati rinforzando reti di appartenenza e ci sono istruzioni celate nei miei dipinti e riserve per le madie vuote racchiuse in cofanetti e nei doppifondi di Cappelli da signora. Chi mi offre una impercettibile cucitura fucsia su un paio di pantaloni riciclati, trasformati per me in bermuda, allora ha capito per quale safari (lungo viaggio nel suo significato originale nella lingua swahili) sono partita, già parecchio tempo fa.

Come hai declinato questi aspetti nella performance In buone mani atto III: sentirsi a proprio agio, pensata per gli ambienti di Temide?
Una delle prime cose che mi ha raccontato Alice Beltrame (titolare di Temide Design Art Store, ndr) è la storia di sua nonna Temide, che ha dato il nome alla sua galleria. Anch’io, nel mio lavoro, faccio incursione nei miei ricordi famigliari: “…lo scheletro che mi tiene in piedi, la festa del nostro stare insieme, il mio castello, la nostra normalità, che assomiglia a quella di tutti, difesa onorata e conservata come straordinaria”.
Temide aveva allevato sette figli, curava la campagna, il marito, cucinava e, nel tempo libero, realizzava con quattro aghi e della lana di recupero dei calzettoni che regalava a conoscenti e bisognosi. Un dono prezioso per ripararsi dal freddo. Temide avrebbe sottoscritto il manifesto della Rivoluzione Gentile e così ho deciso di raccontare questa storia come prima cosa, appena le persone appoggiavano le loro mani sulle mie. L’allestimento dei miei lavori e di mobili e poltrone restituiva un senso di casa, in cui “sentirsi a proprio agio”. Dipinti, oggetti, suppellettili di un clima caloroso e domestico, riscaldato da una stufetta, che si poteva osservare dal vetro dalla strada ma in cui si entrava uno alla volta, togliendosi la giacca come quando ci si accomoda in un salotto. Io indossavo uno dei miei abiti romantici ma, soprattutto, un paio di caldi calzettoni di Temide. Questo tu per tu disponeva alla confidenza ed all’intimità. Nel salottino di In buone mani, per quattro ore, ho accolto, ascoltato in un tempo di ristoro anche dal freddo e dalla pioggia di quel giorno. Un momento di resa, di segreti, di sovversione del tempo lineare per una sincronia temporale comandata dai ricordi e dal cuore in cui tacciono il rumore della mancanza, le note stonate dell’inadeguatezza. Chiusa la stagione di caccia a qualcosa che si rincorre, che si è perso, per il quale si è irrimediabilmente in ritardo. Le Buone Mani sono quelle di tutti se si sceglie di disarmarle. Ci sono luoghi in cui provare fiducia, abbassare la guardia, sentirsi accettati e compresi. Ci sono luoghi che sono persone. Io cerco di essere quel luogo.

La gentilezza sembra condividere, con l’arte del cucito, una presenza costante nel tuo lavoro, una certa allure demodé. Quanto conta per te questo scarto tra l’essere sempre calata nel presente delle tematiche che tratti nel tuo lavoro e l’essere fuori dal tempo e dalle mode precostituite?
Il posto ed il tempo che vorrei abitare è quello in cui riconosco chi sono e come vorrei che andassero le cose per tutti. Se indosso il mio orologio, feticcio sentimentale tra gli altri, noterete che non gli dò mai la corda. Da qualche parte devo rallentare, non essere assediata da notizie, elementi scatenanti…, non essere troppo e maldestramente influenzata ed essere presente per limitare le reazioni imponderate. Ho buttato l’ancora in un’idea di passato prossimo venturo in cui le mie tematiche sono attuali e reiterate in quanto Noi siamo simili nei bisogni più profondi.
Nella ritualità della mia vita tra i miei oggetti di affezione, le mie preghiere, il mio toccare le persone, una vecchia tenda ed una scatola con i fili, conservare con rispetto cose e  materiali senza la frenesia di sostituirli, pensare a quanto ingombro il mondo di tutti con gli scarti del mio… mi affranca dall’accumulo, dalla frenesia appropriativa compulsiva verso novità à la page ma che non sono portatrici di senso.

Se la produzione di borse limited edition, realizzate in collaborazione con l’Atelier “a picagetta” si ricollega all’arte del ricamo, la performance Il dettato Rivoluzionario mira a ricreare l’ambiente del tuo studio milanese, To be kind, luogo di vita e di lavoro dove si tessono parole e gesti… Puoi mettere in relazione questi diversi diversi momenti che ti hanno vista protagonista di Connexxion?
Avevo già realizzato Inclinazione Domestica, un’installazione di strofinacci (picagette) ricamati, quando ho conosciuto questo progetto di Silvia Gianetti e Ilaria Ottonello che mi ha attirato per i materiali usati e che provengono da bauli della nonna o acquistati nei mercatini vintage, il cui nome viene proprio dal dialetto ligure e significa “straccio da cucina”. La limited edition Galante-A picagetta è stata realizzata partendo da strofinacci del mio anacronistico corredo destinato ad un mio avatar casalinghizzato, che ho ricamato con porzioni di aneddoti di famiglia. Abbiamo scelto delle forme, mi sono affidata alla coincidenza telepatica delle loro scelte e dei loro gusti che le porta ad arrivare vestite uguali senza accordarsi o a scegliersi, tra le infinite possibilità, lo stesso regalo di Natale l’una per l’altra. Nel loro atelier fortemente connotato dal loro stile “Il mio bastare ed avanzare” ha trovato la sua collocazione, i miei lavori integrati in setting fortemente antiminimalistici creavano un dialogo con le loro linee e creazioni.
Con Silvia e Ilaria si condivide un’altra dimensione a me cara, quella del gioco, l’energia propulsiva che anima un ballo sfrenato così come una Rivoluzione. Come in tutti i giochi seri che si rispettino, c’è un momento in cui si richiama l’attenzione ed in questo caso tutti erano invitati a scrivere sotto dettatura sul vestito bianco che indossavo, facendo scoppiare la mia bolla prossemica come una bolla di sapone. Grandi e piccini secondo le istruzioni mi hanno scritto addosso con pennarelli colorati. Stringersi, appoggiarsi, affiancarsi mentre io scandivo e ripetevo il Dettato Rivoluzionario, il manifesto de La Rivoluzione Gentile, un manifesto d’intenti ma anche d’istruzioni da seguire o a cui ispirarsi per new enrolled. “La corazza in dotazione è minima, permeabile, fragile”.